ZZDICIUS/I
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- Pubblicato Giovedì, 16 Marzo 2017 19:15
- Scritto da Giuseppe
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DICIUS/I
Ierru siccu messaiu arriccu: inverno secco massaio ricco. Quando d’autunno pioveva discretamente, all’arrivo dell’inverno il grano già rigoglioso si fermava per via del freddo secco ed a primavera poi ripartiva ben temprato dai rigori invernali ed all’inizio dell’estate dava robuste spighe belle e dorate.
Imparai su babbu a fai fillus: insegnare al padre a fare figli. È un proverbio che si adatta ai ragazzi che credono di essere “cresciuti” prima del tempo, e si sentono quindi in grado non solo di fare scelte decisive, ma di dare lezione di saggezza agli altri.
Impara s’arti e ponìdha a parti: impara l’arte e mettila da parte. Le esperienze della vita sono tutte utili e bisogna farne tesoro. L’importante è essere sempre in azione, ricordando che l’ozio è il padre dei vizi.
In domu de is-u tzrupus chini portat un ogu est unu rei: a casa dei ciechi chi vede con un solo occhio è un re. Talvolta crediamo di aver risolto un difficile problema, che altri vicino a noi non sono riusciti a risolvere. Ci accorgiamo poi che il problema non è risolto, ma solo evidenziato e che gli altri non se lo erano neppure posto. Ad esempio: adottiamo un bambino (orfano o meno; extracomunitario o meno) e crediamo di avere risolto il problema dei bambini abbandonati di tutto il mondo. Cioè vediamo con un occhio, ciò che gli altri non vedono per niente. Non sono contro le adozioni, anzi credo che sia la cosa più bella del mondo!
In su mesi ‘e abrìbi, torrat su leppiri a cuìbi: nel mese d’aprile torna la lepre al covile. Nonostante la primavera sia già inoltrata, ad aprile non è raro che in certe giornate si faccia sentire il freddo pungente, tanto da indurre anche la lepre a cercare riparo. Il proverbio si adatta anche a certi fatti umani, in cui uno crede di essere uscito totalmente da una situazione d’imbarazzo ed invece si accorge che c’è ancora qualche intoppo.
Is ogus no bint’ su coru no creit: gli occhi non vedono il cuore non crede. È proprio di San Tommaso: “Se non vedo non credo”! Mi viene in mente il sonetto “Amor è un desìo…del poeta Jacopo da Lentini della Scuola Siciliana: “Amor è un desìo che vien dal core // per abbondanza di gran piacimento; // e gli occhi in prima generan l’amore // e lo core gli dà nutricamento //…”
In domu de bonu coru no dho-y hat ni prata ni oru: in casa onesta ma povera, non c’è né argento né oro. Ma ci trovi pace, serenità, ospitalità ed amore.
Is fueddus no boccint a nemus: la parole non uccidono nessuno. Però c’è l’altro: boccit prus su fueddu de s’orteddu: uccide più la parola del coltello. A questo punto noi diciamo: “ Ciascuno scelga quello che più gli aggrada”!
Is pentzamentus faint imbecciai prus che su tempus: le preoccupazioni fanno invecchiare più del tempo. E se tenti di fuggire da esse, inesorabilmente t’inseguono!
Iscura s’arjola chi timit fromiga: povera l’aia che teme la formica. Le formiche sono di casa nell’aia, ma se questa si lagna della presenza delle formiche lo può fare solo per due motivi, o perché è veramente povera, o perché è ingorda. Il proverbio si adatta perfettamente alle persone: al povero che si lagna, quando passano quelli del Comitato per i festeggiamenti del Santo Patrono per la questua, al ricco, che non apre neppure la porta, per la paura che le formiche (quelli del Comitato) possano prendere la sua “roba”.
Iscura sa domu sen’’e braba murra: povera la casa senza i vecchi. I consigli degli anziani sono un ottimo sostegno per la casa.
In s’airi brebeis acqua fintzas a peis. (In s’airi anjonis, acqua a muntonis). Nell’aria pecorelle acqua a catinelle.
Is malis de joventudi bessint in sa beccesa: i mali di gioventù escono nella vecchiaia. è una raccomandazione rivolta ai giovani, affinché conducano una vita sobria e moderata.
In su mori chi ses benìu, torradinci andai: nel sentiero in cui sei venuto, tornatene indietro. Lo si dice a chi si presenta davanti a noi a chiedere qualcosa di troppo.
In su mundu nemus est cuntentu: nel mondo nessuno è contento. È una vecchia storia!
Iscuru (scedau) a chini tenit depidu: misero chi ha debiti. Vi sono comunque quelle persone che lasciano ai creditori le preoccupazioni.
Is faulas tenint is cambas curtzas: le bugie hanno le gambe corte. È un proverbio comune.
In domu de su frau schidonis de linna: a casa del fabbro spiedi di legno. Sembra un controsenso, eppure è così. Mio padre, falegname, prometteva sempre che avrebbe costruito un bel portale di legno per l’ingresso del cortile della casa. Infine per le continue lamentele di mia madre, lo fece fare al fabbro, di ferro ovviamente!
In tempus de figu nì parenti, nì amigu: in tempo di fichi, né parenti né amici. Il fico è un frutto prelibato: mellus a sa (mia) brenti che a su parenti.
Is hominis Deus dhus fait; issus s’accumpanjant: gli uomini Dio li fa; essi si accompagnano.
In s’hora chi nosu no scieus, torraus tottus s’anima a Deus: nell’ora che non sappiamo rendiamo tutti l’anima a Dio. Tocca a tutti, inesorabilmente ed imprevedibilmente! La “signora dalla falce” non guarda in faccia nessuno. È inoltre un “amministratore” che non cede alle tangenti.
Is horas passàdas no torrant accou: le ore passate non tornano indietro. Di quelle trascorse nel dolore ci resta il ricordo, di quelle felici ci dimentichiamo presto, di quelle passate inutilmente ci rimane il rammarico.
In d-onnya portali becciu dho-y hat ancious: in ogni portone ci sono chiodi. Le vecchie case conservano tristi ricordi.